IL PIANTO E IL CONTATTO

"La deprivazione del bisogno tattile, come di altri, procura angoscia al piccolo, il quale perciò emetterà il segnale della propria angoscia, allo scopo di attirare l'attenzione sulle sue necessità, piangendo. Aldrich e i suoi collaboratori hanno trovato che fra i motivi di pianto meno generalmente riconosciuto c'è il bisogno di essere coccolati e il bisogno di movimento ritmico. Inoltre hanno trovato un rapporto costante tra quantità e frequenza del pianto e quantità e frequenza delle cure materne: maggiori sono le cure, minore è il pianto. I bambini piccoli continuano a piangere anche quando vedono che qualcuno si sta avvicinando o quando la madre li chiama, però smettono immediatamente appena vengono tirati su e coccolati. Allora la stimolazione tattile affettuosa è evidentemente un bisogno primario, un bisogno che deve essere soddisfatto perchè il bambino si sviluppi in un essere umano sano." "Il linguaggio della pelle" di Ashley Montagu


Le motivazioni che inducono un bambino a piangere possono essere suddivise principalmente in due categorie di pianto: pianto fisico e pianto emotivo. E' sicuramente uno dei principali strumenti di comunicazione che il bambino ha per "domandarci" o "raccontarci" qualcosa che non va; il procrastinare nella risposta può indurre il bimbo a sentirsi "non ascoltato" e non potendo permettersi di spezzare questo legame, questa relazione così importante ed unica per lui, smetterebbe col tempo di piangere senza ottenere però la sua risposta.


Le lacrime sono generalmente associate alla sofferenza. In realtà secondo la dottoressa Aletha Solter le lacrime rappresentano un metodo di cura: "il pianto è uno strumento naturale per ristabilirsi" dice. Diminuisce la pressione arteriosa, elimina le tossine, allenta le tensioni muscolari, regolarizza la respirazione. Attraverso le lacrime si abbassano i livelli degli ormoni dello stress. Dopo aver pianto - ma pianto per davvero, magari anche singhiozzando - anche noi adulti ci sentiamo liberati, rilassati...maggiormente un bambino che ha questo come strumento principale di comunicazione.


Se si pensa però ai primi mesi di vita di un bambino ci si rende conto che il piccolo non ha ancora coscienza di sè come soggetto separato dalla mamma. Ecco perchè al pianto bisognerebbe rispondere oltre che con la presenza, con la parola e con l'Amore, anche con il contatto!


Come dice Isabelle Filliozat "sì, fa bene piangere, e soprattutto piangere tra le braccia di qualcuno che sa ascoltare le lacrime senza fermarle, piangere davanti a un testimone che sa accogliere senza giudicare, senza abbassare gli occhi".


Nadia Barbi: Doula e consulente in allattamento

GEPO Associazione per la salute della donna, la coppia e il bambino